Takotsubo e  coronaropatia: ogni regola ha la sua eccezione!!
di Vittoria Rizzello
09 Novembre 2020

La sindrome di Takotsubo (STT) è una sindrome clinica che si manifesta con un pattern di presentazione che mima un infarto miocardico acuto. Le caratteristiche peculiari sono rappresentate dalla presenza di alterazioni transitorie della cinetica regionale con il pattern classico dell’apical ballooning, associate ad alterazioni variabili dell’ elettrocardiogramma e a movimento enzimatico anch’esso di entità variabile, ma generalmente contenuto.  I sintomi sono rappresentati da dolore toracico e/o dispnea con talora quadri di shock. Comune è il reperto anamnestico di un recente stress emotivo e/o fisico, per cui viene spesso definita anche cardiomiopatia d stress.  Secondo la definizione originaria di STT un requisito essenziale per la diagnosi è l’assenza  di coronaropatia.

Tuttavia alcuni registri nazionali (1-2) hanno riportato nel 10-20% circa dei pazienti con STT una coronaropatia, tipicamente non concorde con la sede delle alterazioni della cinesi. Se la coronaropatia rappresenti uno “spettatore innocente” o abbia un ruolo eziopatogenetico e prognostico nella cardiomiopatia da stress non è noto.

Per provare a fare chiarezza su questo aspetto della STT i ricercatori dell’ International  Takotsubo  Registry hanno condotto uno studio, in parte retrospettivo e in parte prospettico, pubblicato recentemente su European  Heart Journal (3).

Lo studio ha valutato la prevalenza, le caratteristiche e il valore prognostico a breve e lungo termine della presenza di coronaropatia in 1016 pazienti con diagnosi di STT, inclusi nel registro, i cui criteri diagnostici non prevedevano l’esclusione dei pazienti con contestuale coronaropatia (3).  In questa ampia popolazione di pazienti con STT (90.8% donne, età media 67,9+11.8 anni), nel 58.6% dei casi era presente  un pattern classico di STT apicale e nel 41.4% era presente un pattern atipico con ballooning in sede medio-ventricolare, basale o  focale.  Alla coronarografia, il 23% dei pazienti aveva una coronaropatia significativa (definita come presenza di stenosi  con riduzione del lume >al 50%), il 41.2% aveva una coronaropatia non significativa (stenosi <50% ) e il 35.7% aveva coronarie angiograficamente indenni.  In 47 pazienti (4.6%)  era stata eseguita un’angioplastica coronarica. Inoltre,  in 8 pazienti era presente, contestualmente alla STT, un’occlusione cronica di un vaso coronarico. In  2 pazienti  era presente un’ occlusione acuta della coronaria destra nel contesto di  un pattern apicale di STT e in 1 paziente un’occlusione acuta di un ramo marginale con un pattern di STT medio-ventricolare.

Nei pazienti con STT e coronaropatia era presente una minor prescrizione di farmaci raccomandati dalle linee guida per il trattamento dei pazienti con coronaropatia (ace-inibitori, antiaggreganti, statine).

La presenza di coronaropatia  era associata con un aumentata incidenza di  complicanze intraospedaliere, come shock, necessità di ventilazione assistita e morte.  Dopo correzione per i fattori confondenti (età, sesso, diabete mellito, ipertensione e trigger emozionale o fisico) la presenza di coronaropatia rimaneva associata alla mortalità a 30 giorni. Nei pazienti con  STT e presenza di coronaropatia, il rischio di shock e morte era simile a quello di un gruppo di  pazienti con sindrome coronarica acuta,  paragonabili  per età e sesso. Infine, nei 5 anni successivi di follow-up è stato osservato un persistente , seppur  lento e ritardato, incremento della mortalità.

 

Considerazioni

Il lavoro di Napp LC e coll  appare interessante e provocativo, in quanto mette in discussione alcune delle nostra conoscenze attuali sulla STT.

Innanzitutto questo studio, condotto su un registro internazionale, dimostra come la presenza di coronaropatia sia molto più comune di quanto descritto in precedenza. Ciò è probabilmente dovuto all’utilizzo in questo registro internazionale di criteri diagnostici di STT molto inclusivi, che permettevano l’inclusione anche di pazienti con alterazioni cinetiche congruenti  con il territorio di un singolo vaso coronarico, se tutti gli altri criteri diagnostici erano soddisfatti. Tuttavia è anche possibile che tradizionalmente la presenza di coronaropatia sia stata sottostimata per limiti intrinseci della sola valutazione angiografica. Un utilizzo routinario dell’imaging intracoronarico in questi pazienti potrebbe documentare una prevalenza più alta di coronaropatia oltre che fornire delle nuove informazioni sulle caratteristiche delle placche coronariche che potrebbero aiutare a comprendere i meccanismi eziopatogenetici che determinano l’outcome della STT nei pazienti con associata coronaropatia.

Un’ altra osservazione provocativa è quella che anche la presenza di una sindrome coronarica acuta (SCA), e quindi di un’occlusione acuta di una coronaria, non esclude la diagnosi di  STT, in presenza di alterazioni cinetiche non concordi con la coronaria interessata. In questi casi, sebbene rari, la SCA può configurarsi come la causa o la conseguenza della STT. Il comune meccanismo sottostante potrebbe essere rappresentato dal trigger adrenergico che può causare la cardiomiopatia da stress  in seguito a un infarto miocardico acuto o nel contesto primario di una STT indurre spasmo coronarico, incremento della richiesta di ossigeno miocardico, aumentata reattività piastrinica, fino alla rottura di placca e occlusione acuta di un ramo coronarico.

Infine l’altro aspetto che viene messo in discussione  è quello che la STT sia un’entità clinica benigna. Gli autori hanno dimostrato che i pazienti con contestuale presenza di coronaropatia avevano un’ aumentata mortalità a 30 giorni, che persisteva anche a 5 anni. La causa della prognosi negativa di questi pazienti non è nota.  Gli autori suggeriscono che  probabilmente il mancato trattamento percutaneo di lesioni significative e la ridotta prescrizione di farmaci raccomandati dalle linee guida per il trattamento dei pazienti con coronaropatia possano aver contribuito a determinare l’outcome negativo in acuto e in cronico di questi pazienti.  Tuttavia studi mirati, anche di imaging intracoronarico e funzionali, sono necessari per  comprendere attraverso quali  meccanismi la coronaropatia si configuri come un amplificatore del rischio di eventi nei pazienti con STT.

 

References

  1. Parodi G, Citro R, Bellandi B, et al. Tako-tsubo Italian Network (TIN). Tako-tsubo cardiomyopathy and coronary artery disease: a possible association. Coron Artery Dis. 2013;24:527-33.
  2. Bill V, El-Battrawy I, Schramm K, et al. Coincidental coronary artery disease impairs outcome in patients with takotsubo cardiomyopathy. QJM. 2017 Aug 1;110:483-488.
  3. Napp LC, Cammann VL, Jaguszewski M, et al. Coexistence and outcome of coronary artery disease in Takotsubo syndrome. Eur Heart J. 2020 Sep 7;41(34):3255-3268.