Placca vulnerabile: qualcosa è cambiato
di Francesco Prati
09 Febbraio 2020

A 8 anni dalla pubblicazione del PROSPECT (1), due studi hanno nuovamente posto l’attenzione sulla placca aterosclerotica a rischio.

Il primo in ordine cronologico è lo studio CLIMA (2), basato sull’impiego dell’OCT, la metodica di imaging più attraente per risoluzione e capacità di identificare le componenti dell’aterosclerosi. Lo studio LRP (3),  pubblicato a distanza di due mesi,  è invece ricorso all’ IVUS-NIRS, una tecnica in grado di misurare l’estensione della componente lipidica della placca, espressa mediante il LP burden index (maxLCBI4mm).

Il CLIMA (2) ha dimostrato in un’ampia popolazione (1003) sottoposta a studio OCT della discendente anteriore, che la presenza simultanea di 4 elementi di vulnerabilità identifica soggetti a rischio di eventi cardiaci maggiori, tra cui morte cardiaca o infarto miocardico. Nei pochi pazienti con lesioni vulnerabili, secondo la definizione CLIMA, si è infatti osservato un’incidenza di morte cardiaca o infarto ad un anno pari al 19% . Il rischio risultava aumentato di 7,5 volte rispetto a chi non presentava placche con queste caratteristiche.

Lo studio LRP (3) è stato condotto su 1271 pazienti. La presenza di un  maxLCBI (4mm) maggiore di  400 raddoppiava il  rischio di eventi cardiaci  (MACE)  a due anni, con un rischio relativo di 2,1. Va ricordato che i MACE non si limitavano ad endpoint “hard”, tra cui morte cardiaca, arresto cardiaco, infarto non fatale o sindrome coronarica acuta, ed includevano anche la rivascolarizzazione ed il nuovo ricovero per angina.

 

La pubblicazione di due studi su un argomento lasciato a lungo da parte, dopo i risultati parzialmente deludenti del PROSPECT,  rinnova vecchi quesiti e ripropone la diatriba sulla vulnerabilità di placca

Nell’aprire un FORUM sull’argomento, provo a rispondere a tre domande che mi sono state poste ultimamente

 

Siamo pronti per la ricerca ed il trattamento della placca a rischio di eventi ?

Non ancora, ma ci stiamo avvicinando. Studi randomizzati come l’ABSORB 2 in fase avanzata e l’INTER-CLIMA daranno una risposta al quesito. L’ABSORB 2 prevede il trattamento di lesioni a rischio secondo l’IVUS-NIRS con maxLCBI (4mm) maggiore di  400 mediante scaffold riassorbibile ABSORB. Il trial INTER-CLIMA, ai blocchi di partenza, prevede il confronto tra un braccio morfologico, OCT guidato, ed uno funzionale,  che si avvale di FFR-IFR. nel trattamento di  lesioni intermedie non culprit in soggetti con NSTEMI. Il braccio OCT guidato applicherà i criteri di vulnerabilità del CLIMA per individuare le lesioni da trattare. Si applicherà uno stent medicato in  presenza di FC sottile (< 75 µ) più due altri criteri di vulnerabilità dei seguenti tre (Lipid pool > 1800, MLA < 3,5 mm2, presenza di macrofagi)

 

Esiste una metodica ideale nella ricerca della placca vulnerabile ?

Non esiste una tecnica di imaging intra-coronarico che risponda a tutti i quesiti (4).

L’OCT ha il vantaggio di individuare tanti particolari. Sa fotografare le componenti superficiali della placca come nessun’ altra metodica sa fare. Particolari come lo spessore della capsula fibrosa o la presenza di cellule infiammatorie non possono essere studiati con le altre metodiche. L’IVUS con virtual hystology (VH) impiegato nel PROSPECT valutava in modo indiretto la presenza di una FC sottile. Credo che molti convengano con me che si trattasse di una forzatura, non possedendo l’IVUS la risoluzione per individuare una FC sottile. L’OCT ha però uno svantaggio. Si tratta di una metodica di difficile interpretazione che pertanto può risultare soggettiva. E’ probabilmente necessario un ulteriore lavoro di standardizzazione delle immagini OCT per rendere le valutazioni riproducibili e non confinate a core-lab centralizzati.

L’IVUS NIRS applica invece un concetto più semplice ma ben validato in letteratura: la componente lipidica dell’aterosclerosi come elemento di vulnerabilità. Il grande vantaggio è nella semplicità di lettura delle immagini e nella conseguente riproducibilità.

  • In attesa di ulteriori studi possiamo applicare nella pratica clinica quanto emerso dal CLIMA o dal LRP.

Penso di si. Quando si ha a che fare con restringimenti al limite della significatività è giusto valutarle con metodiche funzionali ( FFR o IFR) o di imaging coronarico.  Lo studio funzionale è ben validato e rappresenta senz’altro un approccio corretto. In alcuni centri si preferisce tuttavia una valutazione morfologica ( OCT , IVUS o IVUS-NIRS) seguendo il concetto che una definizione anatomica possa essere più utile per individuare i soggetti a rischio di eventi hard ( morte cardiaca o infarto). Seguendo questo concetto le lesioni coronariche non significative all’angiografia, ma caratterizzate da quegli elementi di vulnerabilità descritti negli studi CLIMA o LRP, possono essere meritevoli di trattamento.

References

  • Stone GW, Maehara A, Lansky AJ, de Bruyne B, Cristea E, Mintz GS, Mehran R, McPherson J, Farhat N, Marso SP, Parise H, Templin B, White R, Zhang Z, Serruys PW; PROSPECT Investigators. A prospective natural-history study of coronary atherosclerosis.N Engl J Med. 2011;364(3):226-35.

 

  • Prati F, Romagnoli E, Gatto L, La Manna A, Burzotta F, Ozaki Y, Marco V, Boi A, Fineschi M, Fabbiocchi F, Taglieri N, Niccoli G, Trani C, Versaci F, Calligaris G, Ruscica G, Albertucci M, Tamburino C, Crea F, Alfonso F, Arbustini E, and on behalf of CLIMA Investigators. Relationship between Coronary pLaque morphology of the left anterIor descending artery and long terM clinicAl outcome: The CLIMA study. European Heart Journal. 2019 In press

 

  • Waksman, Di Mario C, Torguson R etal. Identification of patients and plaques vulnerable to future coronary events with near-infrared spectroscopy intravascular ultrasound imaging: a prospective, cohort study. Lancet 2019, in press.

 

 

CLIMA

LRP