Idrossiclorochina come terapia per Covid-19: rischio o beneficio?
di Camilla Cavallaro
21 Maggio 2020

La terapia con idrossiclorochina nei pazienti affetti da Covid 19 non sembrerebbe migliorare la prognosi. Questo è quanto è emerso da uno studio osservazionale americano pubblicato sul New England Journal of Medicine. Geleris e colleghi hanno infatti studiato la correlazione tra assunzione di idrossiclorochina e il rischio di intubazione o morte nei pazienti affetti da covid191.

Basandosi sulle proprietà anti-infiammatorie ed immunomodulanti dell’idrossiclorochina (terapia cardine di patologie autoimmuni) è stato proposto l’utilizzo off label di questo farmaco nella sindrome da Covid 19. Fino ad ora, piccoli studi non randomizzati, tra cui uno francese di modeste dimensioni su 42  soggetti  affetti da Covid19, hanno mostrato che l’Idrossiclorochina da sola o in combinazione con Azitromicina riduce il tempo di guarigione2.

L’endpoint primario di questi studio era un composito di morte e intubazione nei pazienti con insufficienza respiratoria da Covid19 trattati con idrossiclorochina, in un’analisi “time-to-event”.

Gli autori hanno arruolato 1376 pazienti consecutivi con diagnosi accertata di Covid 19, afferenti ad un ospedale universitario newyorkese. Il farmaco veniva indicato nei casi di malattia respiratoria moderato-severa (definita come saturazione in aria ambiente < 94%). Nel gruppo dei pazienti trattati con idrossiclorochina, che costituiva il 58.9% della popolazione,  i pazienti avevano un profilo clinico peggiore (rapporto PaO2/FiOpiù basso, maggior numero di comorbidità). Tutti i pazienti avevano iniziato il trattamento nelle prime 24-48 ore dall’accesso in ospedale ed assumevano una prima dose di carico da 600 mg, seguita da un dosaggio di 400 mg nei successivi 4 giorni. L’eventuale associazione con azitromicina o con farmaci antivirali era a discrezione del curante.

Sono stati esclusi dallo studio i pazienti che nelle prime 24 ore andavano incontro a morte, intubazione o dimissione/trasferimento.

Ad un follow up di 22.5 giorni, N 346 pazienti (25.1) hanno avuto un evento incluso nell’endpoint primario. N 180 sono stati trattati con intubazione e 166 sono deceduti.

Ad una prima analisi “crude”, i pazienti in trattamento con idrossiclorochina avevano maggiore tendenza a sviluppare l’endpoint primario rispetto a coloro che non la assumevano (hazard ratio 2.37; 95% CI, 1.84 to 3.02). Con l’obiettivo di minimizzare le differenze tra i due gruppi, l’analisi principale è stata eseguita secondo un modello di regressione logistica con “inverse probability weighting” secondo il  “propensity score”. Da tale analisi non è emersa alcuna associazione tra l’utilizzo dell’idrossiclorochina ed il rischio di intubazione o morte (hazard ratio, 1.04; 95% CI, 0.82 to 1.32).

Sebbene, come sottolineano gli autori nella discussione del lavoro, il trattamento farmacologico con idrossiclorochina possa migliore la sintomatologia clinica in alcuni pazienti (in termini di risoluzione della tosse e della febbre), lo studio non evidenzia alcun beneficio nel miglioramento della prognosi. Le diverse sottoanalisi infatti, non hanno mostrato differenze significative per quanto riguarda il rischio di intubazione o morte nei due gruppi.

 

Considerazioni:

Dall’inizio della pandemia il ruolo dell’idrossiclorochina è stato molto discusso all’interno della comunità scientifica, poiché i primi studi sull’efficacia di questo farmaco, apparentemente incoraggianti, erano limitati dalla modesta entità del campione analizzato, dall’interruzione precoce a causa di effetti collaterali (allungamento del QT) e dalla mancanza gruppi di controllo che garantissero affidabilità.  L’FDA e l’agenzia europea per il farmaco (EMA) avevano quindi inizialmente autorizzato la distribuzione di idrossiclorochina all’interno di un piano per la gestione dell’emergenza e promosso l’utilizzo all’interno di trials e studi clinici controllati3.

Questo è il primo studio osservazionale eseguito su una casistica di pazienti sufficientemente ampia per stabilire il nesso tra utilizzo di idrossiclorochina ed outcome clinico. Dai dati non sono emersi elementi che facciano pensare ad un beneficio (o rischio) di questo farmaco.

Ci sono sicuramente dei limiti in questo lavoro, legati al fatto che si tratta di uno studio monocentrico, di tipo osservazionale, con un ampio intervallo di confidenza. Questi elementi non permettono di stabilire in modo definitivo un rischio o un beneficio derivante dell’utilizzo dell’idrossiclorochina. Studi prospettici randomizzati potranno fornire dati più sicuri sull’argomento.

Sulla base di questo studio possiamo stabilire che attualmente non è raccomandato l’utilizzo routinario (al di fuori di trial clinici) dell’idrossiclorochina nella sindrome da Covid 19.

 

Bibliografia 

  1. Geleris J, Sun Y, Platt J, et al. Observational Study of Hydroxychloroquine in Hospitalized Patients with Covid-19. N Engl J Med. 2020:1-8
  2. Gautret P, Lagier J-C, Parola P, et al. Hydroxychloroquine and azithromycin as a treatment of COVID-19: results of an open-label non-randomized clinical trial. Int J Antimicrob Agents. 2020:105949.
  3. Simpson TF, Salazar JW, Vittinghoff E, et al. Association of QT-Prolonging Medications with Risk of Autopsy-Defined Causes of Sudden Death. JAMA Intern Med. 2020;94143:1-9