Fibrillazione atriale nello scompenso cardiaco a funzione sistolica depressa: il perché dell’ablazione.
di Filippo Brandimarte
06 Luglio 2020

Negli ampi registri internazionali la fibrillazione atriale è presente in circa il 30% dei pazienti con scompenso cardiaco. E’ nota essere concausa di disfunzione ventricolare sinistra attraverso la perdita della sistole atriale, l’alta frequenza ventricolare, il disomogeneo riempimento ventricolare e l’attivazione neuro-ormonale cronica, determinando il verificarsi o favorendo la progressione dello scompenso cardiaco oltre che il rischio di ictus (1).

Di qui l’esigenza di fare ogni sforzo per mantenere il ritmo sinusale in questa delicata popolazione di pazienti. Come lo studio AF-CHF (2) ci ha dimostrato però, mantenere il ritmo sinusale in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra pre-esistente attraverso l’unica strategia farmacologica efficace disponibile (ovvero l’amiodarone) ha un prezzo che potrebbe neutralizzare i sui effetti benefici. Allungamento del QT, alcuni effetti proaritmici ed effetti collaterali polmonari, tiroidei e di accumulo ne sono degli esempi.

Appare chiara l’esigenza di una strategia diversa con meno effetti collaterali potenziali per ottenere un beneficio visibile nei pazienti con scompenso cardiaco. Lo studio AATAC (3) condotto su pazienti con una frazione di eiezione inferiore al 40% in classe NYHA II-III ha confrontato 2 strategie di mantenimento del ritmo: amiodarone versus ablazione transcatetere. Dopo 24 mesi di follow-up il braccio sottoposto ad ablazione aveva un tempo libero da recidive più lungo rispetto al braccio con amiodarone, che si è tradotto in tassi di mortalità e ospedalizzazione non programmate inferiori. E’ bene però sottolineare alcuni limiti dello studio; non ultimi la mancanza di una procedura uniforme di ablazione e l’alto tasso di abbandono della terapia amiodaronica nel braccio farmacologico.

Dati confortanti vengono anche dallo studio CASTLE-AF (4) che ha arruolato pazienti con frazione di eiezione inferiore al 35% e classe NYHA II-IV e comparato l’ablazione transcatetere con la terapia medica per mantenere il ritmo sinusale o per il controllo della frequenza ventricolare. Il gruppo di pazienti trattati con ablazione hanno avuto una significativa riduzione dell’endpoint combinato morte e ospedalizzazione nonché dell’endpoint mortalità per tutte le cause, guidato principalmente da una riduzione delle morti cardiovascolari rispetto alla strategia farmacologica.

I due trial sono concordi nel suggerire la riduzione del burden della fibrillazione atriale usando l’ablazione transcatetere nei pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica depressa. La procedura sembra tradursi in un beneficio clinico non trascurabile.

Ma come effettuare la selezione dei pazienti candidabili a tale procedura? Dal momento che nei pazienti con scompenso cardiaco sono spesso presenti alcune anomalie elettrofisiologiche, come l’aumento del periodo refrattario o del tempo di conduzione lungo l’area atriale laterale destra e  seno coronarico oppure anomalie del fascio di Bachmann, che possono determinare aritmie complesse, è di cruciale importanza una stratificazione pre-procedura. Nello studio CAMERA-MRI (5) pazienti con cardiomiopatia dilatativa e fibrillazione atriale persistente sono stati studiati con risonanza magnetica e randomizzati ad ablazione transcatetere o strategia farmacologica di controllo della frequenza cardiaca. Anche in questo caso il braccio sottoposto ad ablazione ha mostrato un significativo aumento della frazione di eiezione rispetto al gruppo trattato con strategia farmacologica, anche quando la seconda opzione comportava un adeguato controllo della frequenza ventricolare media. Inoltre nel gruppo sottoposto ad ablazione i pazienti senza evidenza di enhancement tardivo ottenevano un miglior risultato in termini di funzione ventricolare rispetto al gruppo che invece lo presentava, suggerendo un possibile ruolo della fibrosi miocardica come substrato fisiopatologico alla base della maggiore complessità dei circuiti aritmici dei pazienti con scompenso cardiaco. Purtroppo anche in questo caso le strategie di ablazione non erano standardizzate, portando a risultati eterogenei e rappresentando il limite maggiore dei dati ottenuti.

A tal proposito, sebbene le due principali tecniche di ablazione (circling delle vene polmonari versus ablazione atriale sx estesa) non abbiano mostrato grosse differenze in termini di persistenza del ritmo sinusale in una recente metanalisi di studi clinici osservazionali (6), le caratteristiche elettrofisiologiche dei pazienti con scompenso cardiaco sono probabilmente tali per cui la procedura atriale estesa potrebbe essere preferibile nonostante comporti un rischio di complicanze più alto.  Ancora una volta la selezione dei pazienti a monte appare pertanto di cruciale importanza per aumentare il tasso di successo e la sicurezza di questa tecnica. Il paziente ideale infatti sembrerebbe essere relativamente giovane (per non incorrere in molteplici comorbidità), con storia di fibrillazione atriale non di lungo corso (meno di un anno preferibilmente onde evitare il rimodellamento elettrico) ed infine con assenza enhancement tardivo alla risonanza (assenza di fibrosi).

 

Bibliografia

  1. Fonarow GC, Corday E; ADHERE Scientific Advisory Committee. Overview of Acutely Decompensated Congestive Heart Failure (ADHF): A repost from the ADHERE Registry. Heart Fail Rev. 2004 Jul;8(3):179-85.
  2. Roy D, Talajic M, Nattel S, Wyse DG, Dorian P, Lee KL, Bourassa MG, Arnold JMO, Buxton AE, Camm AJ, Connolly SJ, Dubuc M, Ducharme A, Guerra PG, Hohnloser SH, Lambert J, Le Heuzey J-Y, O’Hara G, Pedersen OD, Rouleau J-L, Singh BN, Stevenson LW, Stevenson WG, Thibault B, Waldo AL; Atrial Fibrillation and Congestive Heart Failure Investigators. Rhythm control versus rate control for atrial fibrillation and heart failure. N Engl J Med 2008;358:2667–2677.
  3. Di Biase L, Mohanty P, Mohanty S, Santangeli P, Trivedi C, Lakkireddy D, Reddy M, Jais P, Themistoclakis S, Dello Russo A, Casella M, Pelargonio G, Narducci ML, Schweikert R, Neuzil P, Sanchez J, Horton R, Beheiry S, Hongo R, Hao S, Rossillo A, Forleo G, Tondo C, Burkhardt JD, Haissaguerre M, Natale A. Ablation versus amiodarone for treatment of persistent atrial fibrillation in patients with congestive heart failure and an implanted device: results from the AATAC Multicenter Randomized Trial. Circulation 2016;133:1637–1644.
  4. Marrouche NF, Kheirkhahan M, Brachmann J. Catheter ablation for atrial fibrillation with heart failure. N Engl J Med 2018;379:492.
  5. Prabhu S, Taylor AJ, Costello BT, Kaye DM, McLellan AJA, Voskoboinik A, Sugumar H, Lockwood SM, Stokes MB, Pathik B, Nalliah CJ, Wong GR, Azzopardi SM, Gutman SJ, Lee G, Layland J, Mariani JA, Ling LH, Kalman JM, Kistler PM. Catheter ablation versus medical rate control in atrial fibrillation and systolic dysfunction: the CAMERA-MRI study. J Am Coll Cardiol 2017;70:1949–1961.
  6. Anselmino M, Matta M, D’Ascenzo F, Bunch TJ, Schilling RJ, Hunter RJ, Pappone C, Neumann T, Noelker G, Fiala M, Bertaglia E, Frontera A, Duncan E, Nalliah C, Jais P, Weerasooriya R, Kalman JM, Gaita F. Catheter ablation of atrial fibrillation in patients with left ventricular systolic dysfunction: a systematic review and meta-analysis. Circ Arrhythm Electrophysiol 2014;7:1011–1018.