ERADICATE-AF: e se la denervazione delle arterie renali fosse una terapia antiaritmica e non antiipertensiva?
di Filippo Stazi
19 Ottobre 2020

Fibrillazione atriale ed ipertensione costituiscono due patologie estremamente frequenti e in progressivo aumento. Un aumentato tono simpatico contribuisce alla comparsa di entrambe queste condizioni.

La denervazione delle arterie renali è stata proposta come terapia dell’ipertensione arteriosa resistente ma i dati disponibili in letteratura, dopo un inziale entusiasmo, sono in realtà stati deludenti (1). L’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale è invece divenuta una terapia consolidata di tale aritmia anche se, pure in questo caso, i risultati sono stati inferiori rispetto alle aspettative iniziali.

La denervazione delle arterie renali riduce il tono simpatico sistemico, che, come detto, può agire su un substrato vulnerabile come un trigger per lo comparsa della fibrillazione atriale. Entrando nello specifico la denervazione sembra avere vari meccanismi potenzialmente antiaritmici: dopo la procedura si è infatti osservato che la conduzione atriale è meno rallentata e meno eterogenea, la refrattarietà è più breve e meno dispersa, vi è una riduzione della fibrosi atriale, vi è una riduzione dell’attivazione neurormonale e, infine, una diminuzione dell’attività del ganglio stellato.

Partendo da questi presupposti uno studio recentemente pubblicato, l’ERADICATE-AF Trial (2) ha testato l’ipotesi che l’aggiunta della denervazione delle arterie renali potesse migliorare i risultati dell’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale. Pazienti con sia storia di fibrillazione atriale parossistica che d’ipertensione, già in trattamento farmacologico e con valori pressori uguali o superiori a 130/80 mmHg, sono stati randomizzati ad ablazione transcatetere della fibrillazione atriale, mediante isolamento delle vene polmonare con crioablazione, con o senza aggiunta della denervazione delle arterie renali. I pazienti, ma non i medici, non sapevano a quale gruppo venivano randomizzati. I principali criteri di esclusione dallo studio erano la presenza di scompenso cardiaco in classe NYHA IV, una frazione d’eiezione inferiore al 25%, un’anatomia delle arterie renali non idonea per la denervazione, un’aspettativa di vita minore di un anno e un’insufficienza renale con una velocità di filtrazione glomerulare inferiore a 45 ml/min. E’interessante notare che venivano impiegati gli stessi cateteri sia per l’ablazione che per la denervazione. La procedura veniva eseguita senza interruzione della terapia anticoagulante e questa veniva poi continuata per almeno un mese in tutti i pazienti. L’eventuale successiva prosecuzione o meno di tale terapia veniva valutata in base al profilo di rischio tromboembolico del paziente. L’end point primario dello studio era la libertà da recidive di fibrillazione atriale, in assenza di terapia antiaritmica, a 12 mesi. Una recidiva di fibrillazione atriale, una seconda procedura ablativa o l’introduzione della terapia antiaritmica venivano considerati come fallimento della procedura. L’end point secondario era rappresentato dall’andamento della pressione a 6 e 12 mesi di distanza.

302 dei 392 pazienti presi in considerazione sono stati randomizzati. I valori pressori medi in ambedue i gruppi di studio erano 150/90 mmHg. La stessa percentuale di pazienti nei due gruppi, 15,5% nella sola ablazione e 16,9% nell’ablazione più denervazione, veniva sottoposta all’ablazione dell’istmo oltre che all’isolamento delle vene polmonari. La doppia procedura induceva un aumento della durata totale d’intervento di circa 23 minuti e di circa 5 minuti del tempo di scopia. L’end point primario si è verificato nel 56,5% dei pazienti trattati con la sola ablazione e nel 72% di quelli sottoposti anche a denervazione renale (HR 0,57 a favore della denervazione, p = 0.006). A 12 mesi dalla procedura la pressione sistolica si riduceva in media di 3 mmHg nel gruppo ablazione e di 16 mmHg nel gruppo ablazione e denervazione, con una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. Analoga differenza statisticamente significativa emergeva per la diastolica che veniva ridotta di 2 mmHg e 11 mmHg nei due gruppi. Il taso di complicazioni procedurali (4,5 e 4,7%), tutte peraltro connesse con la procedura ablativa, non differiva tra i due bracci di trattamento.

Lo studio dimostra quindi che in pazienti sintomatici per fibrillazione atriale parossistica trattati con ablazione transcatetere dell’aritmia e con una storia d’ipertensione controllata in maniera subottimale dalla terapia farmacologica, l’aggiunta della denervazione delle arterie renali all’isolamento delle vene polmonari tramite ablazione transcatetere risulta in una significativamente aumentata probabilità di libertà dalla fibrillazione atriale a 12 mesi rispetto alla sola ablazione. Ciò senza che la doppia procedura si traduca in un incremento delle complicazioni e con solo un piccolo aumento dei tempi di procedura e di fluoroscopia. L’aggiunta della denervazione si associa inoltre a un migliore controllo della pressione arteriosa.

Lo studio è intrigante, ben condotto e, come detto, con ragionevoli presupposti fisiopatologici, ma 300 pazienti sono pochi. In letteratura esiste solo un altro studio simile (3), peraltro degli stessi autori, su un numero però ancora più esiguo (27) di soggetti. La strada che questi dati indicano merita però a mio avviso di essere esplorata. La denervazione delle arterie renali come terapia dell’ipertensione resistente ha forse fatto il suo tempo ma, qualora questi dati venissero replicati su casistiche maggiori,  potrebbe trovare una seconda giovinezza come ausilio della terapia interventistica della fibrillazione atriale. Non sarebbe la prima volta che una terapia, fallito il suo obiettivo originario, abbia avuto invece successo con altre patologie. Basti pensare al cordarone, nato come farmaco antiischemico e rivelatosi poi invece un potente antiaritmico.

 

Bibliografia

  • Bhatt DL, Kandzari DE, O’Neill WW et al. SYMPLICITY HTN-3. A controlled trial of renal denervation for resistant h N Engl J Med 2014; 370: 1393-1401
  • Steinberg JS, Shabanov V, Ponomarev D et al. Effect of renal denervation and catheter ablation vs catheter ablation alone on atrial fibrillation recurrence among patients with paroxysmal atrial fibrillation and hypertension. The ERADICATE-AF Randomized Clinical Trial. JAMA 2020; 323: 248-255
  • Pokushalov E, Romanov A, Corbuccu G et al. A randomized comparison of pulmonary vein isolation with versus without concomitant renal artery denervation in patients with refractory symptomatic atrial fibrillation and resistant hypertension. J Am Coll Cardiol 2012; 60: 1163-1170